Il Muto, breve ritratto di uno dei banditi più letali e sfortunati della Gallura del 1800
Il Muto di Gallura è stato un uomo colpevole dei crimini più efferati e violenti che hanno caratterizzato per decenni la Gallura del 1800. Forse per il fatto che fosse sordomuto e
per alcuni addirittura posseduto dal demonio, è diventato un fuorilegge conosciuto e le leggende su di lui sono molte.
Le vicende si ambientano nei territori di Aggius quando questo era ancora un comune comprensivo di quelli che oggi sono paesi a sé stanti: Trinità d’Agultu e Viddalba (attuale provincia di Sassari).
Nasce nel 1827, da una famiglia che allevava bestiame e viveva di pastorizia (come la maggior parte delle famiglie dell’epoca). Il reddito infatti era strettamente legato alla vita nei campi. Non esisteva il turismo che oggi invece costituisce una delle fonti principali di sostentamento della zona.
Il vero nome di quello che si conosce oggi come il Muto di Gallura era Sebastiano Tansu detto “Bastiano”. Egli visse un’infanzia difficile a causa del suo handicap fisico, il mutismo. La sua condizione svantaggiata, all’epoca resa ancora più grave dagli scarsi mezzi a disposizione dei meno fortunati e dalla scarsa cultura e informazione a tutela del “diverso”, lo rese un emarginato sociale, deriso dai propri coetanei e allontanato.
Forse per tutte queste ragioni, il giovane Sebastiano si rivelò da subito un soggetto violento. Quando si doveva far valere, ricorreva ai pugni e alle botte, forse unico mezzo per farsi rispettare o capire.
Inizio della vita da bandito
La serie conclamata di omicidi di cui Sebastiano Tansu si macchiò incominciò quando gli uccisero il fratello. Tra il 1849 e il 1856 infatti il vasto comune di Aggius era capeggiato da tre famiglie che risultavano essere le più numerose e quindi quelle con più potere (il numero dei componenti di una famiglia, tal volta anche oggi seppur in maniera indiretta e diversa, determinava il controllo del territorio): i Vasa, i Mamia e i Pileri. Per una faida familiare interna tra questi tre clan, ci fu una sorta di guerra civile che le autorità fecero fatica ad appianare. Essa causò molti morti, tra i quali proprio il fratello del Muto di Gallura. Seguirono poi altri omicidi riconducibili a lui che veniva assoldato come sicario.
Il bandito, durante la sua latitanza nelle campagne brulle tra Aggius e Trinità, trovò rifugio presso una famiglia che abitava al Lavru, uno stazzo appartenente ora al comune di Viddalba.
sembrava una svolta e invece…
Il pastore proprietario dello stazzo, Antonstefano Pes pensò bene di fornirgli riparo in cambio di manovalanza gratuita e anche protezione. Questa parentesi fu forse la più felice nella vita del Muto, il quale, seppur latitante e ricercato, conobbe un briciolo di umanità e amore. Si innamora perdutamente infatti della figlia del pastore che gli dava riparo, una certa Francesca. A quanto pare l’amore era ricambiato e appoggiato anche dalla mamma della ragazza. I due si scambiano anche un pegno del loro legame che Francesca teneva nei giorni in cui il bandito si doveva assentare. Sembrò quasi che la vita potesse sorridere a Sebastiano, che forse non era tutto perduto. Se non che, di ritorno da uno dei suoi affari che duravano anche settimane, trovò la ragazza del suo cuore promessa ad un altro, un tale Giovanniantonio Mannu.
Il padre di Francesca infatti non potendo accettare che la figlia sposasse uno storpio per di più latitante, la promise ad un altro. Ecco che la rabbia ferina di Sebastiano riemerse. Le ferite curate dall’amore riaffiorarono più vive che mai e la sua furia omicida riprese il suo corso. Il primo a pagare con la propria vita fu proprio il pastore che gli aveva concesso riparo, che si era reso colpevole di aver promesso in sposa ad un altro Francesca, seguito poi da altri morti ammazzati per sua mano.
Ipotesi sulla fine del bandito
Sulla fine del bandito più controverso della Gallura, ci sono tante leggende. Ufficialmente la famiglia ne celebrò gli ossequi funebri senza il corpo che non è mai stato ritrovato.
L’ipotesi più accreditata fu la sua uccisione per mano di un altro latitante (un certo Macciaredda), nell’altopiano di Santa Barbara, nell’attuale comune di Trinità d’Agultu.
Alcuni pero’ giurano di averlo visto nella vicina Corsica, anni dopo, dove sarebbe scappato per ricominciare un’esistenza e dimenticare la sua amata Francesca.
Altri invece sostengono l’ipotesi del suicidio o l’omicidio per mano del suo rivale amoroso Giovanniantonio Mannu che gli rubò la sua Francesca.
Qualunque sia stata la sua fine, si è trattato di un uomo sicuramente controverso, con uno strano senso dell’onore e della vendetta, che tuttavia ha sempre suscitato un certo fascino. Forse il suo temperamento molto vicino al mondo animale, il suo occhio per occhio dente per dente primitivo, dovuto forse al suo isolamento sociale che fin da bambino lo ha accompagnato, ha una sua logica seppur moralmente deviata.
Le descrizioni fisiche del bandito (che ovviamente sono state abbondantemente romanzate) lo vedono come un ragazzo di bell’aspetto, occhi profondi e capelli biondi, agile e astuto.
Riflessioni…
Una sorta di eroe non eroe, un emarginato che, vittima di una società che lo escludeva per i suoi handicap, ha poi intrapreso una strada sbagliata. Nel bene e nel male le sue vicende lo hanno reso noto come uomo e come simbolo di un contesto sociale che al tempo era poco incline all’integrazione del diverso. Si può dire in questo caso che la storia insegna e che oggigiorno invece esiste una particolare attenzione a queste situazioni.
Chissà, magari è anche un pò merito di Bastiano Tansu!
La sua vita brevemente riassunta in questo articolo, è meglio descritta nel libro a lui dedicato, Il muto di Gallura appunto, dello scrittore Enrico Costa, pubblicato nel 1884.